Page 13 - Flip giardini
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in termini oggettivi, poiché i dati oggettivi con cui un bambino di tre anni o
                                              di sei o di dieci può leggere la realtà in cui si sta muovendo, si correlano ai
                                              dati soggettivi di percezione di quella stessa realtà. Una certa esperienza
                                              o un gioco riconosciuti come “rischiosi” possono essere “pericolosi” per un
                                              bambino, ma non per un altro che si sente in grado, per capacità ed espe-
                                              rienza, di “correre” quel rischio.

                                                Non è dunque il bambino a vivere con ansia condizioni di rischio e di in-
                                              sicurezza nei giochi e nelle attività che può svolgere outdoor poiché, anzi,
                                              spesso il bambino stesso cerca il rischio da correre per mettersi alla prova;
                                              è l’adulto che vede messe in crisi le condizioni che determinano il controllo
                                              vigile su ogni bambino in uno spazio contenuto e che egli percepisce come
                                              “sicuro”.

                                                Il bambino che abbia fin dalla prima infanzia buoni margini di libertà
                                              nei propri giochi motori, prende ben presto confidenza con la dimensione
                                              ludica del rischio, impara a valutare a ad osare. A volte gli succederà di
                                              cadere e di farsi un po’ male ma avrà imparato. Nel passato, quel “pas-
                                              sato” con cui è bene rimanere in dialogo, quando un bambino dopo aver
                                              giocato all’aperto arrivava a casa con le ginocchia sbucciate o un livido su
                                              cui aveva anche pianto un po’ per il dolore, normalmente si sentiva dire
                                              dall’adulto: “Così impari e starai più attento la prossima volta”. Una rispo-
                                              sta all’apparenza anaffettiva, e forse lo era, ma che evidenziava una ve-
                                              rità di fatto: quell’esperienza ti ha insegnato qualcosa. Sì perché il gioco
                                              libero, all’aperto, ha una prerogativa fondamentale sul piano pedagogico,
                                              che è esso stesso educatore.

                                                La cultura della prevenzione è molto importante e anch’essa si è svilup-
                                              pata nei vari ambiti della vita civile dalla fine degli anni Settanta del secolo
                                              passato. La prevenzione si basa soprattutto su pratiche di comunicazione,
                                              di educazione, di controllo; pensiamo ai temi della salute, alla sicurezza sul
                                              lavoro, all’alimentazione ecc. La prevenzione ha come obiettivo primario
                                              la responsabilizzazione del soggetto. Ciò che è avvenuto in campo edu-
                                              cativo è un processo di degenerazione che ha trasformato la prevenzione
                                              in iperprotezione; esempio: per prevenire il rischio che il bambino possa


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